RASSEGNA STAMPA

IL SECOLO XIX - Giudici intemperanti o servitori dello stato truci e senza scrupoli?

Genova, 18 settembre 2008

I SERVIZI SEGRETI sono in mano a una sorta di Joker, il folle antagonista di Batman
Il Cavaliere oscuro, affiancato da uno dei suoi truci servitori.
E anche la polizia italiana schiera ai suoi vertici, di fatto al numero tre della scala gerarchica, una perfida mente delinquenziale.
Le parole forti oltre ogni misura utilizzate dai pm del caso Diaz, nella memoria consegnata ai giudici chiamati a emettere un verdetto sulla sciagurata irruzione che concluse il G8, segnano un punto di non ritorno.
Non esiste la possibilità di una terza scelta.
Se hanno ragione i magistrati, il quadro è allarmante.
L’intelligence italiana e la polizia sono guidate oggi da una sorta di cupola malavitosa, da personaggi che nel 2001 hanno pianificato un massacro a tavolino e ne hanno perseguito lucidamente, crudelmente, la sua consumazione.
Non un’operazione (oggettivamente) sciagurata, clamorosamente sfuggita di mano, evidentemente fuori misura.
No: una strategia di “politica criminale” lucidamente concepita dall’ex capo Gianni De Gennaro (poi capo di gabinetto del ministro Amato durante il governo Prodi, poi commissario per i rifiuti di Napoli, oggi al vertice del Dipartimento informazioni per la sicurezza), imbastita con i suoi bracci destri e trasmessa poi al più semplice degli agenti della celere.
Se imagistrati hanno torto, significa che un altro pezzo dello Stato, in questo caso la magistratura inquirente, ha dimostrato in quest’occasione, come minimo, intemperanza lessicale. Accusando coloro che dovrebbero garantire la sicurezza degli italiani dal terrorismo interno e internazionale e dalla criminalità organizzata di aver concepito un piano di “politica criminale”.
E quindi di aver inesorabilmente, nel proprio Dna, una sorta di predisposizione genetica alla prevaricazione, alla violenza, al tradimento delle istituzioni.
«Nulla è più eversivo per lo Stato che l’azione del rappresentante delle istituzioni che nemina la credibilità», scrivono i pm.
E questo è rivolto a chi, oggi, è ai vertici di quelle istituzioni. E questo rappresenta un bel problema, ultimo frutto avvelenato di due giorni di paura e follia a Genova.
Qual è la finalità dell’azione? «Il riscatto dell’immagine delle forze di polizia gravemente compromessa (o così giudicata dall’opinione pubblica) dall’inefficace azione di contrasto agli episodi di violenza e degenerazione dell’ordine pubblico».
Quali sono le prove? «La finalità di riscatto in termini di immagine è esemplarmente provata addirittura dalla originaria programmazione in loco di conferenza stampa e dall’esibizione dei reperti sequestrati ai giornalisti e cineoperatori».
Come si svolge ilblitz?
Con «il dispiegamento di un imponente contingente di reparti di forze dell’ordine», con «l’arrivo sui luoghi di questi reparti, senza alcuna necessità operativa, che dal punto di vista tattico militare segna il dispiegarsi della violenza bruta e della totale inosservanza delle regole del diritto, con l’imposizione di un coprifuoco esteso ad un quartiere che viene sottoposto a rastrellamento ed ogni giovane catturato».
Ancora «si penetra in un edificio ove la maggioranza delle persone si appresta a dormire o già riposa.
Ci si avventa su persone inermi».
Ancora «la foga investigativa non si limita, vuole assicurare il risultato e non esita a ricorrere all’azione sleale, alla violazione di legge, alla commissione di reati». Questa la ricostruzione dei pm, la “prova” del perverso disegno criminale.
Non si sa quale sarà il vaglio dei giudici.
Che già qualche settimana fa in occasione di un altro processoG8, quello per la caserma di Bolzaneto, hanno radicalmente limato le richieste e le argomentazioni dell’accusa.
Ma è quest’accusa,“politica criminale”, che stavolta fa la differenza. Se hanno ragione i pm, siamo nei guai. Ma anche se hanno torto.